la principessa e il Carciofo

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la principessa e il carciofo

C’era una volta una principessa di nome Esmeralda. Aveva capelli scuri e lucenti che le arrivavano fino ai fianchi, grandi occhi color nocciola e una bocca delicata come il bocciolo di una rosa.

Quando compì 16 anni, suo padre re Riccardo il Saggio decise di maritarla. Solo il principe che le avesse portato in dono il bene più prezioso avrebbe potuto diventare suo sposo.

Scegliere, figlia mia, ti renderà libera,” Spiegò il re a sua figlia, “e l’unico amore che esiste è quello libero. Per questo desidero che sia tu a scegliere il tuo sposo. Prenditi tutto il tempo di cui hai bisogno perché dalla scelta che farai dipenderà il tuo futuro.”

Il tempo di un battito di ciglia e fuori dal castello cominciò a formarsi una lunga fila di pretendenti.

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Un giorno si presentò un principe con uno smeraldo grosso come una noce di cocco. “Per voi, principessa, ecco lo smeraldo più grosso dell’intero pianeta e tuttavia incapace di offuscare la bellezza dei vostri occhi. Ci sono voluti anni per trovarlo e ripulirlo, ma il suo valore non si avvicina nemmeno lontanamente al vostro. Ve lo lascio come pegno del mio amore, a dimostrazione del fatto che con costanza vi amerò, senza mai abbandonare il vostro fianco.”
Esmeralda ringraziò impressionata da tanto splendore. Quello era sicuramente il dono più prezioso che avesse mai ricevuto. Chiuse gli occhi e rifletté. Dopo quello che al principe parve un tempo interminabile, finalmente parlò: “Vi ringrazio di cuore. Il vostro dono non ha eguali e la vostra generosità supera di gran lunga la mia. Tuttavia, in questa breve vita ho scoperto che né gli ori, né le pietre preziose sono in grado di darmi la felicità cui tanto anelo.” E con un cenno lo congedò.

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Un altro giorno, si presentò a castello un principe con una fila di buoi che trainavano carri stracarichi di fiori. Esmeralda uscì per assistere a bocca aperta a quello spettacolo. Fiori di ogni colore e dimensione si estendevano per chilometri. “Mia principessa,” Disse il principe inchinandosi, “Vi porto in dono tutta la bellezza di questo regno, anche se non può minimamente competere con la vostra. La bellezza è il dono più prezioso che sia riuscito a trovare, perché rende il cuore gioioso e straripante di amore. Con me al vostro fianco, vivrete nella bellezza ogni istante della vostra vita.”
Esmeralda sorrise. Il suo cuore che amava la natura esultò. Mentre fissava estasiata i carri multicolore, vide avvicinarsi un bambino vestito di stracci. Il bimbo, conquistato quanto lei da quella meraviglia, dimenticò di inchinarsi e si avvicinò a un carro per prendere un fiore.

Il principe allora sguainò la spada e fece per colpirlo. “Fermo!” Tuonò Esmeralda. “La bellezza che mi avete portato in dono non fa parte del vostro cuore e io non so che farmene.” Poi si avvicinò al bimbo e gli regalò un fiore. “Vi ringrazio per il vostro dono,” Disse al principe, “ma non posso accettarlo. Vivere nella bellezza non mi ha mai reso più felice di altri perché nella mia breve vita ho scoperto che non esiste bellezza senza bruttezza.”

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Ben presto, la notizia che Esmeralda aveva rifiutato due proposte senza eguali si diffuse in tutto il regno, rendendo il suo talamo ancora più ambito. Fu così che un giorno a corte si presentò un ragazzo non più tanto giovane ma molto attraente, con un piccolissimo scrigno. Chiese di essere ricevuto solo quando il sole fosse tramontato e quando arrivò al cospetto di Esmeralda si inchinò, “Mia principessa,” Cominciò, “il mio dono è molto prezioso e impossibile da trovare in qualsiasi parte del regno. Per riuscire ad averlo, ho dovuto viaggiare per anni e contattare i più potenti maghi del regno. Per poterlo apprezzare al meglio, è necessario che facciate spegnere tutte le torce.” Così le torce vennero spente e la stanza piombò nel buio. Il principe aprì lo scrigno e la stanza fu invasa da un fascio di luce argentata. Esmeralda spalancò gli occhi per lo stupore.
“Vi porto in dono i raggi della luna, mia principessa, perché possano illuminare sempre il vostro cuore e indicarvi la via.” Recitò il principe.

In tutta la stanza non si udiva più alcun respiro. Ogni sguardo era calamitato da quel prodigio. Esmeralda non aveva mai visto una cosa del genere e pensò che se quel principe aveva attraversato tutto il regno e poi era riuscito a raggiungere la luna apposta per lei, allora forse sarebbe stato il marito adatto a lei.
“Come avete fatto a catturare questi raggi?” Domandò.
“Con un incantesimo che mi ha insegnato una maga.”
“E ditemi, o principe, cosa è cambiato nella vostra vita, dopo che siete riuscito a raggiungere la luna?”
Il principe rifletté. “Mi sono sentito più forte e importante, ecco cosa è cambiato.”
“Grazie per il vostro incredibile dono e per la vostra sincerità, purtroppo però, ciò che mi avete portato non è adatto a me. Vorrei diventare più forte, è vero, e importante, ma ciò non mi renderebbe felice se accadesse solo per merito di un oggetto esterno. Il piacere sta nella conquista.” E così congedò anche quel principe.

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Una mattina, la regina Elisabetta, madre di Esmeralda, ebbe un mancamento, così fu chiamato a corte il miglior medico del regno. Quando arrivò, si prese cura di lei con tale premura e abilità che Esmeralda restò molto impressionata e volle incontrarlo. “Vi ringrazio per ciò che avete fatto per mia madre e per tutti noi. La vita a volte sembra infinita, ma la malattia ci ricorda che presto dovremo morire. Il lavoro che svolgete è di fondamentale importanza per alleviare le sofferenze delle persone.”
al mondo.”

“È così mia principessa. Curare le persone è la mia vocazione e se voi me lo permetterete, mi piacerebbe avervi in sposa e prendermi cura di voi per tutta la vita. So di non essere un principe, ma il mio cuore è sincero, le mie mani leali…” Si inchinò davanti a lei. “Vi porto in dono la salute, principessa, il dono più prezioso che esista al mondo.”
Esmeralda rimase molto colpita dalle sue parole. Aveva sempre desiderato avere al suo fianco una persona capace di prendersi cura di lei. E come tutti temeva la malattia e la morte. Tuttavia, mentre rifletteva sulla sua proposta, capì che non sarebbe servita ad alleviare la vera sofferenza del suo cuore. La vera sofferenza del suo cuore infatti, non dipendeva dalla salute o dalla malattia, ma dal non sentirsi mai pienamente soddisfatta della sua vita. Aveva vissuto 16 anni bellissimi, nelle ricchezze e nella salute, eppure il suo cuore anelava a qualcosa di più. Il suo cuore non era felice.

Pochi giorni dopo, si presentò a corte un bel giovane dai lunghi capelli dorati e due giade marine al posto degli occhi. Chiese di essere ricevuto dalla principessa anche se non portava nulla in dono e lei acconsentì.
“Principessa Esmeralda,” Disse inchinandosi ai suoi piedi, “non vi porto in dono nulla di materiale, perché ciò che desidero donarvi non ha una forma, né una dimensione. Ciò che vi dono è infinito e meraviglioso ed è il mio amore.”
Un sorriso comparve sulle labbra di Esmeralda. Di tutti i doni che aveva ricevuto fino ad allora, questo di sicuro era il più autentico e profondo. L’unica cosa di cui aveva bisogno era in effetti l’amore. Il suo cuore allora avrebbe smesso di sentirsi mancante e sarebbe stato scaldato dal raggio della felicità più pura.

Diede ordine che tutti gli altri pretendenti fossero mandati via e disse al principe che aveva intenzione di prendere in considerazione la sua proposta. Il suo cuore batteva sfrenato mentre si accomiatava anche da lui per poter riflettere con maggiore concentrazione. Passò la notte a camminare avanti e indietro nella sua stanza, con i lunghi capelli illuminati dalla luna. Sapeva di essere molto vicina alla fine della sua ricerca, eppure non riusciva a calmarsi e il suo cuore, al pensiero di quel prezioso dono, continuava a sentirsi incompleto.
Così, dopo una lunga notte insonne, mandò a chiamare il principe e disse: “Il vostro è senz’altro il dono più puro che mi sia stato offerto, ma per qualche insondabile motivo non riesce a rendermi felice. È con grande sofferenza che devo declinare la vostra proposta, perché da un cuore incompleto e insoddisfatto non può nascere una relazione d’amore.”

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Fu così che anche quel principe fu congedato e Esmeralda sprofondò nell’infelicità. ‘Se nessuno dei doni bellissimi che mi sono stati offerti è servito a farmi sentire più felice, che senso ha sposarmi e rendere infelice anche il mio sposo? La responsabilità di tutto ciò è solo mia. Sono io a essere nata sbagliata, inadeguata e incapace di essere felice.’ Pensò.

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Passarono i mesi e venne un altro anno. Un giorno Esmeralda fu svegliata da pesanti colpi che risuonavano nel cortile. Un ragazzo che chiedeva di essere ricevuto da lei. “La principessa non è più in cerca di marito.” Gli dissero le guardie cercando di congedarlo, ma lui si rifiutò di andarsene. Incuriosita, Esmeralda si affacciò alla finestra.
“Fatelo passare,” Ordinò. Poi al ragazzo: “Ditemi, che cosa desiderate?”
Mentre lui si avvicinava, i rumori del cortile si assottigliarono sempre più, fino a trasformarsi in brusii. “Il carciofo!” Mormorò qualcuno additandolo. I bimbi si misero a ridere. “Signor carciofo!” Si burlarono di lui. Esmeralda li guardò senza capire, così la sua ancella si avvicinò e le spiegò che quel bel giovanotto coltivava e vendeva carciofi ed era diventato famoso perché una volta si era rifiutato di pagare il dazio a uno sbruffone con delle parole abbastanza irriverenti. “Che parole usò?” Domandò Esmeralda. L’ancella arrossì e si rifiutò di riferirglielo, così lei si voltò verso il ragazzo e domandò di nuovo: “Ditemi cosa desiderate, ma prima ancora di questo, ditemi perché siete soprannominato Carciofo.”
Il ragazzo senza una minima traccia di vergogna, o esitazione rispose: “È molto semplice, principessa. C’era un principe arrogante che voleva sempre denaro dalla povera gente senza offrire nulla in cambio. Una volta mi rifiutai di pagarlo e gli domandai: ‘sapete, maestà, perché coltivo carciofi?’ Lui scosse la testa dicendo che non gli interessava e mi fece pressione per pagargli il dazio. Così io dissi: ‘Per infilarveli nel didietro, ecco perché coltivo carciofi!’”

Esmeralda si lasciò scappare un risolino, divertita da tanta audacia. “Ora ditemi che cosa desiderate.” Disse poi.
“Ho saputo che cercate marito.”
“Non più, non esiste alcun dono in grado di alleviare la mia sofferenza.” La sua voce si spense, mentre lo diceva.
“Io invece credo che esista.” Un brusio si sparse in tutta la corte. Carciofo non era certo un principe e non avrebbe mai dovuto osare tanta audacia! Tuttavia, fu proprio la sua assoluta mancanza di paura ad attirare Esmeralda. Carciofo sfilò qualcosa dalla tasca, ma erano troppo distanti e lei non riusciva a capire di cosa si trattasse, così ordinò che fosse ricevuto nella sala del trono, dove lo raggiunse poco dopo.

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Lì, Esmeralda si trovò davanti a sé stessa. Il ragazzo, infatti, le mise davanti un piccolo specchio. Esmeralda si sorprese a osservare i suoi occhi da cerbiatta e le sue bellissime labbra, poi i capelli, le spalle e tutto il resto del corpo a seconda di come lui spostava lo specchio. Il ragazzo non disse nulla, ma le diede modo di specchiarsi e rimirarsi a lungo.
All’inizio Esmeralda si sentì profondamente a disagio e a tal punto crebbe il suo fastidio che a un tratto fu sul punto di congedarlo. Tuttavia, più il silenzio si faceva profondo, più cominciò a sentire una voce provenire dal suo cuore. Era una vocina flebile, che non aveva mai sentito prima: “Non è di oggetti esterni e neppure di persone, non è di parole e neppure di concetti, non è di amore altrui e neppure di aiuto che hai bisogno. Tutto questo e molto altro ancora puoi trovarlo proprio qui, nel tuo cuore. La felicità non ha nulla a che vedere con qualcosa che devi raggiungere, ma con uno stato che già ti appartiene.
Il ragazzo abbassò lo specchio, mentre grosse lacrime riempivano gli occhi di Esmeralda.
“Non posso darvi nulla, neppure l’amore, perché possedete già tutto. Siete già amore, come io del resto, e l’amore non è divisibile, è unico, potente ed eterno.

Esmeralda sorrise mentre il suo cuore esultava. Un piccolo brivido le scese lungo la schiena e liberò un sospiro che tratteneva da tutta la vita. Finalmente poteva fermarsi. Il vero dono non era qualcosa da ottenere, ma uno stato che già le apparteneva. Fece segno di sì con la testa e la sua mano si intrecciò a quella del giovane.