abbandonare la rabbia in modo consapevole

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abbandonare la rabbia in modo consapevole

Ti è mai capitato di esplodere come un mortaio, o di desiderare che a esplodere fosse il tuo vicino di casa (o tua suocera)? E di vedere tutto nero per qualche istante, prima che una rabbia pazzesca ti risalisse per la gola e si trasformasse in un torrente di parole che nemmeno il demonio? Oppure sei uno dei rari esemplari di umano-saracinesca che nemmeno se gli fanno il solletico sotto ai piedi scoppia a ridere, figuriamoci lasciarsi andare a un attacco di rabbia? Beh in entrambi i casi, direi che questo articolo fa proprio per te!

 

Bastano pochi secondi per esplodere e giornate intere per ritrovare la pace. Quando ci lasciamo divorare dal fuoco della rabbia perdiamo la nostra bellezza: il volto si incupisce, il corpo si riempie di tensioni. Inoltre, diversi studi mostrano una stretta correlazione tra emozioni negative come rabbia o tristezza e un sensibile calo delle difese immunitarie (e aumento di stress). Eppure, nell’istante in cui perdiamo il controllo, non pensiamo minimamente a tutto ciò, ma ci sentiamo in qualche modo invincibili e reagiamo con foga ancora maggiore. Vogliamo far del male al nostro nemico, vogliamo affermare la nostra ragione, perché pensiamo che così staremo finalmente bene e invece sprofondiamo in un baratro ancora più doloroso.

Come fare, dunque, ad abbandonare la rabbia e tornare padroni di noi stessi?

cosa succede quando ci arrabbiamo

Quando ci arrabbiamo, stiamo reagendo e quando reagiamo, ci comportiamo come sonnambuli. Ci lasciamo muovere da una reazione istintiva molto rapida e travolgente. Di solito si tratta di un comportamento abitudinario, talmente radicato dentro di noi da innescarsi al di là della nostra volontà.

Sapete qual è la differenza tra un Maestro realizzato e chiunque di noi? Il Maestro risponde alla falsità e alla verità, alle buone notizie e a quelle cattive esattamente nello stesso modo: “Ah è così?”. Noi reagiamo, urlando, nel tentativo di difenderci, di affermare la nostra ragione, ma soprattutto di far soffrire l’altro più di quanto non stiamo soffrendo noi. Pensiamo infatti che la sofferenza dell’altro farà soffrire di meno noi (gliela faccio vedere io! Gliela farò pagare!), peccato che non funziona per nulla così!

Come spiega il Buddha: “Trattenere rabbia e rancore è come tenere in mano un carbone ardente con l’intento di gettarlo a qualcun altro: sei tu quello che viene bruciato!”.

Mentre il bisogno di ferire l’altro divampa in noi, il nostro ‘nemico’ continua a vivere la sua vita come se nulla fosse, completamente ignaro di ciò che noi stiamo attraversando.

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Qual è dunque la differenza che permette al Maestro di non avere la minima reazione (e di non desiderarla nemmeno!) e porta noi a reagire d’impulso?

Semplice: il Maestro è un contadino migliore di noi. Egli ha piantato nel giardino della sua mente solo semi di pace, amore, pazienza, compassione e gioia. Non essendoci semi di rabbia, essa non potrà mai germogliare. Ogni giorno, egli si prende cura con amore dei suoi pensieri e coltiva solo le emozioni positive, rafforzando in lui i germogli della felicità. Sa che la collera, al pari di tutte le altre emozioni, non è altro che energia e in quanto tale può essere accolta, attraversata e trasformata.

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Il punto non è opporsi con forza (e quindi provare rabbia nei confronti della rabbia!), quanto fare in modo che la rabbia non abbia più ragione di esserci.

E come?

La buona notizia è che tutti noi possiamo prenderci cura del nostro giardino, piantare semi di felicità ed estirpare i semi della rabbia e della sofferenza. La cattiva notizia è che non esiste una pillola, né una formula magica per fare tutto ciò. In noi deve ardere il desiderio di sostituire un’abitudine negativa con una positiva e il coraggio di compiere un viaggio che ci farà conoscere più profondamente chi realmente siamo.

A questo punto della lettura, se sei ancora realmente interessato a modificare l’istinto omicida che ti prende quando la tua vicina balla il tip tap di notte, puoi continuare a leggere e decidere di portare piccoli cambiamenti nel tuo schema mentale.

5 modi per abbandonare la rabbia

INDIVIDUARE I PENSIERI ERRONEI CHE SOTTENDONO LA RABBIA

A differenza di ciò che la maggior parte delle persone potrebbe pensare, la psicologia buddista ci invita a non reprimere la nostra rabbia, ma nemmeno a sfogarla. Il punto non è quello di lasciarla andare per poi sentirsi meglio, perché in realtà il germoglio della rabbia in questo modo non è stato estirpato, ma solo tagliato. E ben presto, quando se ne ripresenterà l’occasione, spunterà ancora più forte di prima.

È necessario invece prenderci cura della nostra rabbia, analizzandola e comprendendo i pensieri erronei che la sottendono:

  • “Quando qualcuno vi fa arrabbiare – dice Lama Chakdud Rinpoche – è come se vi avesse scagliato una freccia al cuore. Ma non vi ha colpito, essa giace a terra ai vostri piedi. Allora voi la raccogliete e vi colpite da soli ancora e ancora, ripetutamente. Questo è ciò che accade con la rabbia. Qualunque cosa nella vita può essere causa di lite, ma la scelta di arrabbiarsi o meno è solo nostra.”
    Se stiamo discutendo con qualcuno e le sue parole ci feriscono al punto da scatenarci dentro una forte avversione, poniamoci questa domanda: se ciò che sta dicendo è vero, perché mi arrabbio? E se non lo è, perché mi arrabbio?Ecco dunque il primo pensiero erroneo: la nostra rabbia dipende dall’azione, o dalle parole di un’altra persona, ma NON da noi.
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  • Quando qualcuno ci ferisce, ci giudica, ci fa del male, il fuoco dalla rabbia divampa in noi. Creiamo ogni genere di pensiero negativo su quella persona. Pensiamo che sia nel torto e che ci voglia far male. Non riusciamo in nessun modo a vedere la sofferenza che invece lo abita, perché la nostra mente ha occhi solo per il nostro dolore. In realtà, ogni attacco ha origine da una ferita: più duro è l’attacco, più profonda è la ferita. Chi ci sta offendendo, giudicando, facendo del male, sta in realtà lanciandoci un grido d’aiuto, una disperata richiesta d’amore.Ed ecco il secondo pensiero erroneo: pensare che quando veniamo attaccati, o giudicati, siamo noi gli unici a soffrire.
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  • Quando in noi sorge la rabbia, talvolta esplodiamo, altre la reprimiamo e cerchiamo di dirigere la nostra attenzione da qualche altra parte. In realtà però, qualsiasi emozione negativa che non sia completamente confrontata e vista per quello che è nel momento in cui nasce, non si dissolve completamente. Si lascia dietro un resto di dolore. Questo campo energetico di emozioni vecchie, ma ancora molto presenti tornerà ad accendersi ogni volta che ci troveremo in situazioni similari di sofferenza (Eckart Tolle).
    Terzo pensiero erroneo: credere che reprimere o sfogare la rabbia, serva a farla scomparire per sempre.
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TORNARE AL RESPIRO

Il respiro è un aiuto fondamentale. Quando sentiamo montare la rabbia, possiamo ricordarci di tornare al respiro e di seguirlo. Questo ci permetterà di creare uno spazio di ascolto, una piccola pausa, in cui potremo analizzare e comprendere le ragioni della rabbia in noi stessi e nell’altro. Allora la nostra mente potrà godere di vera pace, gioia e leggerezza.

Eppure, quanto è difficile creare una pausa in un momento di forte tensione? È così forte il bisogno di gridare e di affermare le nostre ragioni, che a volte, in seguito, dimentichiamo addirittura che cosa abbiamo detto. In quel momento siamo completamente assorbiti da ciò che stiamo vivendo. Ci identifichiamo con la nostra collera, diventiamo la nostra collera, dimenticandoci che in realtà essa è solo un’emozione negativa e come tutte le emozioni è passeggera.

Tornare al respiro può diventare un po’ più semplice se ci ‘risvegliamo’ nel momento stesso in cui la rabbia entra nella nostra mente. Un secondo può fare la differenza, la stessa che passa tra una scintilla e un rogo devastante.

Quando riusciamo a individuare il momento in cui si innesca la miccia, possiamo scegliere se rimanere al nostro posto, oppure se allontanarci fisicamente dalla persona, o dalla situazione, per ritrovare più facilmente il nostro equilibrio.

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PRENDERCI CURA DELLA NOSTRA RABBIA

Una volta creato uno spazio di ascolto, possiamo cominciare a prenderci cura della nostra avversione. La rabbia, nel momento in cui è presente, fa parte di noi al pari dei polmoni, dello stomaco, dei reni e di qualsiasi altra parte del nostro corpo. Quando qualcuno dei nostri organi è malato, lo buttiamo forse via? Ovviamente no, ce ne prendiamo cura fino a farlo guarire. Allo stesso modo, come ci insegna Thich Nhat Hanh, possiamo prenderci cura della nostra collera come fosse un bimbo piccolo e spaventato, il nostro bambino interiore.

Cosa significa prendersene cura? Significa praticare un ascolto amorevole e privo di giudizio nei nostri confronti. Possiamo abbracciarla con tenerezza, come fosse un bambino appena nato, consolandola, donandole tutta la nostra attenzione. Le nostre emozioni hanno bisogno essere viste, non evitate! Più ce ne prendiamo cura con uno sguardo di amore e compassione, più possiamo dissolverle, trasformarle.

Possiamo chiedere a questo nostro bambino interiore: che cosa ti fa soffrire così tanto? Di cosa hai bisogno per sentirsi amato e al sicuro?

Se ascoltata, la rabbia può trasformarsi in un potente strumento per cambiare le vecchie abitudini. Paura e rabbia sono spesso collegate ma mentre la prima inibisce l’azione, la seconda la genera. Imparando a usare correttamente la rabbia, potremo trasformarla in un’energia volta al cambiamento. Un cambiamento che NON combatte contro il vecchio, ma costruisce il nuovo.

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ESERCITARE LA PAZIENZA

Un altro strumento a nostra disposizione, che è anche l’antidoto naturale della rabbia, è la pazienza. In noi non possono coesistere nello stesso tempo due emozioni di natura opposta. Se sto urlando contro qualcuno, non posso contemporaneamente essere paziente nei sui confronti. Alcuni vedono la pazienza e la non reazione come un atto di debolezza, ma cosa vogliamo dire di Ghandi che riuscì a liberare l’India dagli inglesi solo grazie al principio della non violenza e della non reazione?

È molto più facile litigare ed esplodere in grida, che fermarsi a fare un respiro e trovare uno spazio di ascolto dentro di noi.

Dandoci la possibilità di esercitarci nella meravigliosa (e dura!) arte della pazienza, il nostro ‘nemico’ diventa il nostro maestro:

  • Ci dà la possibilità di esercitarci nel tornare in noi stessi e accedere al potere di mettere una distanza tra il nostro vero sé e l’emozione che stiamo vivendo.
  • Rispecchia una parte che è già presente in noi, rendendocela evidente e fornendoci la possibilità di lavorare su di essa (se non avessimo in noi ciò che ci infastidisce dell’altro, non reagiremmo nemmeno).
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PRATICARE LA MEDITAZIONE

Sicuramente, lo strumento più potente in nostro possesso è quello della pratica di meditazione.

Meditare significa familiarizzare con noi stessi. Quando meditiamo ci connettiamo con il nostro vero sé e con gli stati mentali più positivi: gioia, amore, compassione, pazienza, generosità, saggezza, pace… La meditazione è un’attività della mente che ha come fine quello di trasformare la mente stessa, per renderla più positiva. Meditare significa essere completamente onesti con noi stessi, per prendere coscienza di quello che siamo e lasciarlo essere. In questo senso, la meditazione è una preparazione per la vita.

Trasformare la mente è un processo molto lento e graduale, perché si tratta spesso di sbarazzarsi di modelli comportamentali abitudinari di anni, se non decenni. Eppure, da qualche parte dovremo pure cominciare e nel nostro cammino di accoglienza della rabbia, possiamo incominciare a dedicare qualche minuto ogni giorno a questa pratica, per sviluppare pensieri di gentilezza amorevole, ridurre la collera e modificare i nostri pensieri.

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conclusioni, ovvero come abbiamo salvato suocera e vicino in una sola mossa

Se sei arrivato fino a qui, sicuramente la pellaccia di tua suocera, o quella del tuo vicino, ti sta a cuore. Ma soprattutto, ti sta a cuore la tua salute e la tua possibilità di essere felice.

Alla fine, se ti guardi dentro, scopri che non hai bisogno di rabbia, ma di compassione. Fermandoti ad ascoltare cosa ti sta succedendo e prendendoti cura della tua parte ferita, puoi vedere la rabbia per ciò che è: una semplice emozione destinata a passare.

Tutti noi possiamo allora essere dolci con le nostre difficoltà e non giudicarle, dandoci la possibilità di abbandonare la rabbia e avviare il processo di guarigione.

Bibliografia:
Thich Nhat Hahn, “Spegni il fuoco della rabbia. Governare le emozioni, vivere il Nirvana.”, Mondadori, 2009
Insegnamenti della Ven. Connie Miller
Jack Kornfield, “Il cuore saggio”, Corbaccio, 2008